4 Settembre 2015 | by miconi
Azione monitoria a tutela del credito professionale dell’avvocato e foro competente

In primis ritengo utile ricordare che prima di promuovere una qualsiasi azione giudiziaria volta al recupero della parcella nei confronti di un proprio cliente è necessario che l’Avvocato abbia dapprima rinunciato (per iscritto) “a tutti gli incarichi ricevuti” dallo stesso, come dispone il canone n. 34 del Codice deontologico forense.

Ciò rammentato, l’ordinanza n. 5810 del 23 marzo 2015 (clicca qui) della Suprema Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, ci offre oggi lo spunto per ricordare succintamente a noi stessi quali siano allo stato dell’arte le azioni giudiziarie esperibili dall’Avvocato per la tutela del proprio credito professionale nei confronti del proprio ex cliente, ma soprattutto per consentirci di parlare più dettagliatamente della procedura monitoria per il recupero degli onorari (rectius: compensi) e dei Fori territorialmente compenti.

Attualmente, le forme di tutela giurisdizionale previste dal nostro Ordinamento giuridico per tale tipologia di controversie sono, in via alternativa e senza alcun obbligo di preferenza, le seguenti:
1.l’azione monitoria di cui all’art. 633, 636 e 637 c.p.c. e seguenti (di cui parleremo nel post di oggi);
2.il ricorso sommario di cognizione regolato e previsto dall’art. 14 del D.lgs. n. 150/2011;

Del ricorso sommario di cognizione di cui all’art. 14 del D.lgs. suindicato e delle sue peculiari caratteristiche si tratterà più approfonditamente in un successivo articolo all’uopo dedicato.

L’intenzione odierna è quella di focalizzarci sull’azione monitoria di cui agli art. 633, 636 e 637 c.p.c. e seguenti a cui l’avvocato può certamente ricorrere per il recupero dei propri compensi professionali.

Nonostante, infatti, qualche isolata pronuncia di merito contraria (decreto Tribunale Varese, decreto 11 ottobre 2012 e Tribunale Verona, decreto 25 settembre 2013), ritengo che l’Avvocato possa ancora proporre l’ingiunzione, a norma dell’art. 633 n. 2 e 636 c.p.c., allegando alla stessa la parcella sottoscritta corredata dal parere di congruità rilasciato dal proprio Ordine forense di appartenenza.

Difatti, l’Ordine degli Avvocati, anche a seguito del mutuato quadro normativo (con l’abrogazione ad opera dell’art. 9, comma quinto, del D.L. n. 1/2012 delle tariffe forensi e di tutte le norme che ad esse si riferivano) ha preservato il potere di opinamento delle parcelle dei propri iscritti (cfr. CNF parere del 23 ottobre 2013). A ciò, si aggiunga come anche la nuova legge professionale forense, all’art. 29, comma 1, lettera l), abbia confermato il potere di opinamento in capo ai Consigli dell’Ordine circondariali sulle liquidazioni dei compensi spettanti ai propri iscritti.

Ad ogni modo, in alternativa (e si risparmierebbe anche la cosiddetta tassa di opinamento all’Ordine), l’Avvocato potrebbe proporre l’ingiunzione dando prova scritta del proprio credito professionale a norma dell’art. 633 n. 1 c.p.c., allegando, unitamente alla parcella, l’accordo scritto sul compenso concluso all’atto del conferimento dell’incarico professionale ex art. 2233, terzo comma e 13, secondo comma della nuova legge professionale (o magari anche del preventivo, purché specifico, dettagliato e sottoscritto per accettazione dal cliente).

I fori territorialmente compenti per proporre l’ingiunzione, in via facoltativa tra loro, sono quelli indicati nell’art. 637 c.p.c.:
1.quello del Giudice che sarebbe stato competente, per valore e territorio, a conoscere della domanda in via ordinaria (art. 637, comma 1, c.p.c.);
2.quello dell’ufficio giudiziario che ha deciso la causa alla quale il credito si riferisce, indipendentemente dal valore stesso della domanda (art. 637, comma secondo, c.p.c.);
3.quello del Giudice competente per valore del luogo ove ha sede il Consiglio dell’Ordine presso il quale è iscritto l’Avvocato al momento in cui deposita il ricorso per decreto ingiuntivo (art. 637, comma terzo, c.p.c.).

È proprio con riferimento a quest’ultima ipotesi (la numero 3. per intenderci) che si è pronunciata la Cassazione nella decisione summenzionata, confermando che gli articoli 14 del D.lgs. n. 150/2011 e 54 della legge-delega n. 69/2009 non hanno abrogato l’art. 637 terzo comma c.p.c., il quale radica tutt’ora la competenza territoriale alternativa ad emettere il decreto ingiuntivo anche in capo al Giudice del luogo in cui ha sede l’Ordine professionale a cui è iscritto l’avvocato ricorrente.

Unica eccezione ai Fori territoriali suindicati si ha qualora il cliente rivesta la qualità di consumatore (ossia è una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta), dovendo in tal caso applicarsi per prevalenza il Foro esclusivo del consumatore previsto dall’art. 33, comma 2, lett. u), d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (cfr. Corte di Cassazione ord. 12 marzo 2014, n. 5703, sentenza 9 giugno 2011, n. 12685, ma già in precedenza ord. Cass. 26 settembre 2008, n. 24257).

Vi auguro buon lavoro!

Avv. Daniele Miconi

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